Eden


Non vedo l’ora di fare una bella gita nella natura, conoscete qualche posto non troppo lontano? (*)


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Il progetto si occupa del “Terzo paesaggio” proposto da Gilles Clément - l'autore chiama in questo modo le zone antropizzate e poi abbandonate in cui ricresce una vegetazione spontanea e caotica, diversa sia da quella selvaggia che da quella controllata dall’uomo.

Ho fotografato un piccolo ma suggestivo bosco spontaneo di robinie cresciuto nei decenni a fianco dei tralicci dell’alta tensione, non lontano da casa mia, a Desio (provincia Monza e Brianza), nel bel mezzo di quella città diffusa che occupa gran parte della Pianura Padana. Ho poi associato le foto a schermate di Google maps che ne indicano l'ubicazione.


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Quando la civiltà umana pensa al proprio opposto allo scopo di definire se stessa, immagina un Eden incontaminato in pacifico equilibrio o, al contrario, in preda a un proliferare selvaggio e ferino di istinti in conflitto. Chiama tutto questo: Natura. Anche se opposte, le due immagini tracciano un terreno a loro comune: la stabilità. La civiltà umana nasce dalla sepoltura dei morti e dalla memoria degli avi, concepisce se stessa come distanziamento e ritorno, ritmo, processo, storia e quindi proietta la stabilità, la dimensione dell’eterno immobile e dell’uno, in una Natura che in questo modo espelle da sé. Pacificata o in lotta, la Natura appare comunque all’uomo sempre uguale a se stessa. Notte senza fine o luce assoluta, animale o dio, entrambe le ipotesi che la descrivono individuano un punto cieco dell’umano: là dove non c’è possibilità di visione riflessa, non ci può essere sviluppo. Concepire la civiltà umana come fenomeno naturale, e la Natura a sua volta come prodotto della riflessione umana, sembra quindi molto difficile, ma proprio per questo appare oggi urgente e necessario.


«Con l’espressione “Terzo paesaggio”, Gilles Clément indica tutti i “luoghi abbandonati dall’uomo”: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili: le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico…». Luoghi già abitati dall'uomo e successivamente persi di vista sia dalla pianificazione amministrativa, sia dall’interesse economico. Luoghi che entrano così nell’incuria, cioè nell’assenza di cure avendone prima ricevute. Non quindi luoghi incontaminati, selvaggi, mai sfiorati dall’uomo: piuttosto luoghi manipolati che, per distrazione, iniziano a svilupparsi a modo loro, seguendo traiettorie impreviste. Luoghi in cui tutto tende a proliferare assieme, in assenza del controllo umano che in genere riduce drasticamente l’entropia in funzione di un’ordine composto da pochi elementi. Il Terzo paesaggio sembra quindi un paradosso: ha bisogno della mano dell’uomo per nascere, ma deve potersene tenere lontano per crescere. Metafora vivente di una condizione terza, né umana né naturale, il Terzo paesaggio emerge oggi come tema di riflessione attuale.

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